PAC, differenze tra Dollar Cost Averaging e Value Averaging

PAC, differenze tra Dollar Cost Averaging e Value Averaging

Se siete arrivati in questa pagina, magari cercando di capire le differenze tra il metodo del DCA (Dollar Cost Averaging) e quello del VA (Value Averaging) o DVA (Dollar Value Averaging), sicuramente già sapete che cos'è un PAC (Piano di Accumulo del Capitale), ma per completezza di informazione lo rivediamo insieme: il Piano di Accumulo del Capitale (PAC) è una soluzione di investimento basata su versamenti periodici che permette di mitigare le oscillazioni di mercato. E' una vera e propria strategia che si pone come alternativa al PIC (Piano di Investimento di Capitale), che invece prevede di investire in un'unica soluzione. Il PAC (piano di accumulo di capitale) è quindi la soluzione adatta al piccolo risparmiatore che non possiede grandi capitali da investire subito in un unico versamento e intende accantonare costantemente piccole somme nel tempo.

I PAC (Piani di Accumulo di Capitale) possono essere attuati attraverso due strategie: Cost Averaging e Value Averaging.

Il cost averaging è un metodo di investimento basato sull’acquisto periodico di quote di uno strumento finanziario ad un importo costante (per esempio, 100 euro ogni mese). Una sua variante è il metodo del value averaging, che definisce quale somma di denaro investire ogni mese in base ai movimenti di mercato e con un timing opportuno: la somma è maggiore quando il mercato scende e più bassa quando il mercato sale.

Il vantaggio di quest'ultimo metodo è di consentire all’investitore di ottenere dei prezzi di carico (controvalori) inferiori rispetto al metodo classico in qualunque situazione di mercato (che sia rialzista, ribassista o laterale). L’obiettivo finale è acquistare costantemente più quote a un costo medio inferiore.

La tecnica del value averaging ha il vantaggio di essere più efficiente rispetto ai classici PAC con cost averaging e ha degli effetti benefici dal punto di vista psicologico sull’investitore. Presenta però lo svantaggio della necessità di continue attenzioni e costanza nella gestione del denaro (non può essere impiegata in maniera automatizzata) per tutta la durata del piano di investimento.

COST AVERAGING. Di solito i PAC proposti dalle banche, dai consulenti finanziari, dai broker on-line, ecc., e quindi quelli più conosciuti dalla maggioranza degli investitori, sono quelli in cui le rate da investire mensilmente (o nell’arco temporale che ci si è scelto) sono costanti, a prescindere dal prezzo di mercato dello strumento finanziario al momento del versamento. Questo tipo di PAC, che è il più comunemente usato e conosciuto, utilizza una strategia di prezzo chiamata Cost Averaging, o più correttamente, Dollar Cost Averaging. Il sistema del Dollar Cost Averaging fu inventato negli anni ’50 da Benjamin Graham, considerato uno dei più grandi investitori di tutti i tempi e grande ispiratore di un altro guru della finanza: Warren Buffett.

Vediamo ora un esempio di PAC con Dollar Cost Averaging: se si investono 100 euro al mese per acquistare quote di un fondo comune, quando il valore del fondo aumenta, il numero delle quote acquistate a parità di rata scende di mese in mese; se invece il valore del fondo diminuisce, a parità di rata si acquistano di mese in mese un numero di quote superiori.

La tabella qui sopra mostra l'esempio di un PAC (Piano di Accumulo Capitale) con strategia del Cost Averaging. Su questa strategia non c'è molto da dire, perché è quella di più facile comprensione, ed anche quella più diffusa: ogni mese investo 100€; il primo mese se il prezzo dello strumento finanziario su cui si concentra il mio investimento è 2€, riesco a comprare 50 quote. Il secondo mese il prezzo sale a 5€ ed io andrò ancora ad investire i 100€ prestabiliti, che però questa volta mi permettono di comprare solo 20 quote, visto che il loro prezzo è salito a 5€. Il terzo mese il prezzo di ciascuna quota scende a 4€, e con i 100€ riuscirò stavolta ad acquistarne 25, e così via.

VALUE AVERAGING. Altra strategia di investimento all'interno dei PAC è il Value Averaging (VA), che di fatto è un cost averaging potenziato. In un Piano di Accumulo Value Averaging mensile è il valore corrente delle quote accumulate che ogni mese si dovrà incrementare di una quota fissa da noi scelta (ad esempio i 100€ dell'esempio precedente), e quindi i versamenti saranno variabili: in pratica, l’importo di ogni rata varierà in funzione dell’andamento del prezzo del prodotto finanziario su cui si è deciso di investire.

Come si può vedere, nel value averaging non c'è la rata costante di 100€, ma l'importo che verseremo ogni mese varierà in funzione del valore richiesto dal nostro investimento, che, per esempio, dovrà aumentare di 100€ ogni periodo (per esempio ogni mese) per cui ogni mese potremmo dover investire di meno o di più di 100€.

Dobbiamo il Value Averaging al lavoro compiuto da Michael E. Edleson, che nel 1993 ha pubblicato la prima edizione di “Value Averaging - The Safe and Easy Strategy for Higher Investment Returns”, il libro che ha introdotto questa metodologia di Piano di Accumulo del Capitale al grande pubblico.

Come lo stesso Edleson fa notare, col Value Averaging ci si avvicina quanto più possibile alla realizzazione del sogno di ogni investitore: comprare a prezzi bassi e vendere a prezzi alti.

Per la prima volta, però, non si prova a raggiungere questo obiettivo con tecniche di previsione o di stima dei prezzi futuri, ma con un metodo di calcolo della quantità di strumenti finanziari da acquistare o da vendere che si plasma all’andamento dei prezzi: l’investitore sa esattamente cosa fare sia quando i prezzi salgono che quando scendono.

Sostanzialmente, sempre secondo l'ideatore Edleson, esistono due tipi di Value Averaging: la versione pura, che prevede la vendita di quote quando l’importo della rata è negativo (ovvero il valore delle quote presenti in portafoglio è superiore al target del versamento successivo), e la versione semplificata, che invece implica di non comprare e non vendere niente (No-Sell Value Averaging).

Quindi, seguendo la terminologia di Edleson, chiameremo d’ora in avanti No-Sell quest’ultima modalità di Value Averaging.

Vediamo ora un esempio di PAC con Value Averaging Puro:

L'immagine qui sopra mostra l'esempio di un PAC (Piano di Accumulo Capitale) con strategia del Value Averaging Puro.

  • nel periodo 1 (nel nostro caso Gennaio) la situazione è identica al Cost Averaging: versiamo 100€ e compriamo 50 quote al prezzo unitario di 2€;
  • nel periodo 2 (Febbraio) il prezzo sale a 5€: il valore richiesto dal value averaging è di 200€ (100€ del primo periodo e 100€ del secondo) ossia la nostra posizione deve valere in quel determinato momento 200€; dato che il prezzo della singola quota è aumentato, ciò che abbiamo acquistato nel primo periodo è aumentato di valore, e quindi le 50 quote che abbiamo acquistato a 2€, ora valgono 250€, non più 200€; in questo periodo la nostra posizione dovrebbe valere 200€, quindi dobbiamo effettuare la seguente operazione: 200€-250€= -50€. A questo punto dovremo vendere quote per 50€, e quindi 10 quote a 5€ cadauna. Così facendo andiamo a sfruttare a nostro favore l'aumento del mercato, vendendo alcune quote quando sono più apprezzate (quando valgono di più). Il ricavato della vendita verrà accantonato per acquisti nei periodi successivi.
  • nel periodo 3 (Marzo) il prezzo di ogni singola quota scende a 4€: il valore richiesto è di 300€. A questo punto siamo in possesso di 40 quote in totale (50 comprate a Gennaio - 10 vendute a Marzo = 40), che attualmente valgono 160€. Pertanto mancano 140€ per raggiungere il valore richiesto (300€ - 160€ = 140€). Andremo così ad acquistare 35 quote a 4€ cadauna. In questo caso stiamo sfruttando a nostro favore un calo del mercato, andando ad acquistare le quote quando il prezzo è sceso.
  • nel periodo 4 (Aprile) il prezzo di ciascuna quota aumenta di parecchio, arrivando a 10€.  Anche in questo caso, come già fatto nel periodo 2, andremo a vendere le quote in eccedenza: infatti il valore richiesto è di 400€, ma noi possediamo ben 75 quote, per un controvalore totale di 750€. Dovremo quindi vendere un numero di quote pari a 350€ (750€ - 400€). Per sapere quante quote vendere, basterà dividere l'eccedenza (350€) per il valore attuale della singola quota (35€), ottenendo così 35 quote.
  • nel periodo 5 (Maggio) il prezzo delle quote scende di nuovo a 5€, e il valore richiesto è di 500€. Le quote attualmente in nostro possesso sono 40, ed il loro valore totale è di 200€ (40 x 5€). La cifra mancante per raggiungere il valore richiesto è di 300€ (500€-200€), che equivale a 60 quote (300€ : 5€). Procederemo così ad acquistarle, approfittando così anche in questo caso di un prezzo conveniente, dovuto ad un calo del mercato.

Qui di seguito potete vedere una simulazione di investimento con Value Averaging "No-Sell", in cui si è scelto di incrementare mensilmente il valore dell'investimento di 100€. In questo caso, a differenza dell'esempio precedente (Value Averaging "puro"), quando ci ritroviamo in possesso di un numero di quote il cui valore totale attuale supera l'importo richiesto nel periodo, non andremo a venderle, ma le manterremo semplicemente in portafoglio.

  • nel periodo 1 (nel nostro caso Gennaio) la situazione è identica al Cost Averaging ed al Value Averaging "puro": versiamo 100€ e compriamo 50 quote al prezzo unitario di 2€;
  • nel periodo 2 (Febbraio) il prezzo sale a 5€: il valore richiesto dal value averaging è di 200€ (100€ del primo periodo e 100€ del secondo) ossia la nostra posizione deve valere in quel determinato momento 200€; dato che il prezzo della singola quota è aumentato, ciò che abbiamo acquistato nel primo periodo è aumentato di valore, e quindi le 50 quote che abbiamo acquistato a 2€, ora valgono 250€, non più 200€; in questo periodo la nostra posizione dovrebbe valere 200€, quindi semplicemente non andremo a versare niente, e cioè non acquisteremo alcuna quota.
  • nel periodo 3 (Marzo) il prezzo di ogni singola quota scende a 4€: il valore richiesto è di 300€. A questo punto siamo in possesso di 50 quote in totale (le 50 comprate a Gennaio, visto che a Febbraio non abbiamo acquistato), che attualmente valgono 100€. Pertanto mancano 100€ per raggiungere il valore richiesto (200€ - 100€ = 100€). Andremo così ad acquistare 25 quote (100€ : 4€) a 4€ cadauna. 
  • nel periodo 4 (Aprile) il prezzo di ciascuna quota aumenta di parecchio, arrivando a 10€.  Anche in questo caso, come già fatto nel periodo 2, non andremo ad acquistare alcuna quota: infatti il valore richiesto è di 400€, ma noi possediamo ben 75 quote, per un controvalore totale di 750€ (75 x 10€).
  • nel periodo 5 (Maggio) il prezzo delle quote scende di nuovo a 5€, e il valore richiesto è di 500€. Le quote attualmente in nostro possesso sono ancora 75, ed il loro valore totale è di 375€ (75 x 5€). La cifra mancante per raggiungere il valore richiesto è di 125€ (500€-375€), che equivale a 25 quote (125€ : 5€). Procederemo così ad acquistare le 25 quote mancanti per il raggiungimento del valore richiesto.

DIFFERENZA TRA COST AVERAGING E VALUE AVERAGING

Il Value Averaging è molto diverso dal Cost Averaging (o Dollar Cost Averaging): in un piano di accumulo Cost Averaging le rate sono costanti; in uno Value Averaging i versamenti sono variabili ed hanno l’obiettivo di riallineare il valore del prodotto finanziario a quello di un target che cresce nel tempo.

Un Piano di Accumulo Cost Averaging mensile prevede, una volta al mese appunto, l’acquisto di un numero di quote corrispondenti ad una certa cifra (ad esempio, 100 euro). L’importo del versamento è costante, ma il numero di quote sottoscritte varia ad ogni acquisto, dato che si modifica in funzione del loro prezzo corrente.

In un Piano di Accumulo Value Averaging mensile, invece, è il valore corrente delle quote accumulate che, ogni mese, si dovrà incrementare di una quota fissa (ad esempio, 100 euro). Il primo mese non ci saranno differenze con un PAC Cost Averaging, dato che l’importo versato sarà in entrambi i casi pari a 100 euro. A partire dal secondo mese, però, i valori inizieranno ad essere diversi.

 

SVANTAGGI E CRITICHE AL VALUE AVERAGING

1. MANCANZA DI PIATTAFORME DI INVESTIMENTO AUTOMATIZZATO

Le piattaforme d’investimento al giorno d’oggi quasi tutte attrezzate per l’esecuzione automatica di PAC cosiddetti classici, e cioè a rate costanti (Cost Averaging), e non prevedono automatismi per il Value Averaging. Chi vuole utilizzare quest'ultimo tipo di PAC dovrà fare i calcoli ed eseguire le transazioni finanziarie in autonomia.

Non è una limitazione di poco conto: ogni mese o trimestre (a seconda della periodicità scelta), l’investitore stesso dovrà verificare il prezzo di mercato delle quote, calcolarne il valore corrente, quantificare il valore del versamento (che potrebbe anche essere zero o negativo) ed eseguire l’operazione di acquisto o di vendita utilizzando la sua piattaforma di investimento. Ed il problema non sono certamente i calcoli, che in effetti sono piuttosto semplici, e possono essere strutturati tranquillamente in un foglio Excel. La vera difficoltà semmai consiste nella disciplina richiesta da questa serie di operazioni, che devono essere eseguite con rigore ed in maniera puntuale, qualità che non tutti hanno.

2. IMPORTO DEI VERSAMENTI

Nei piani di accumulo Value Averaging, soprattutto se di lunga durata, può essere richiesto il versamento di importi anche di decine di volte superiori alla rata iniziale. La liquidità dovrà essere disponibile al momento opportuno, che non è possibile conoscere a priori.

L’inconveniente può essere in parte arginato dalla vendita – che genera liquidità – o dal mancato acquisto di quote, a seconda del tipo di Value Averaging scelto (Puro o "No-sell"): le somme incassate o non versate potranno essere accantonate per far fronte a eventuali maxi-rate future.

Per evitare l’esborso di grosse somme di denaro è comunque possibile stabilire un massimale all’importo dei versamenti.

3. IMPORTO MEDIO DELLE RATE (GIACENZA MEDIA E LIQUIDITÀ RESIDUA) E DISTORSIONE NEL CALCOLO DEL RENDIMENTO

In un PAC con Value Averaging, l’ammontare di denaro complessivamente investito è generalmente inferiore a quello di un PAC a rate costanti di simili caratteristiche. In altre parole, la giacenza media del primo, e cioè la somma mediamente investita, è inferiore.

In un piano di accumulo Value Averaging capita spesso di ritrovarsi con somme liquide momentaneamente non investite, generate dalle vendite o dell’accantonamento di quote non versate. Nel Cost Averaging, questo fenomeno non avviene mai, dato che ogni mese l’intera somma a disposizione viene investita.

La liquidità non investita produce anche una distorsione nel calcolo del rendimento dei PAC Value Averaging: infatti se ci si limita a valutare il rendimento percentuale delle somme investite, senza prendere in considerazione l’eventuale liquidità residua (e quindi non investita), quasi sempre si giunge all’errata conclusione che un PAC Value Averaging sia migliore di quello a rate costanti.

Un modo per arginare questo problema è quello di incrementare il target in modo crescente, così da diminuire o annullare la liquidità inutilizzata.

4. VOLATILITÀ DELLO STRUMENTO FINANZIARIO ACQUISTATO

Come sottolineato dallo stesso Edleson, il Value Averaging performa meglio con strumenti molto volatili. È anche vero, però, che un’eccessiva variabilità può essere pericolosa, dato che aumenta soprattutto durante le crisi finanziarie, quando i prezzi scendono bruscamente.

Si deve fare attenzione a non sviluppare il Value Averaging (ma anche il Cost Averaging) su:

  • Prodotti finanziari che replicano mercati troppo volatili: potrebbero avere difficoltà a riprendersi dopo una grave crisi finanziaria.
  • Azioni di singole società: si rischia di accumulare valore su una società che potrebbe fallire, causando la perdita dell’intero capitale investito.

VANTAGGI DEL VALUE AVERAGING

Vediamo ora quali sono i vantaggi del Value Averaging: secondo il suo ideatore, Edleson, il grande vantaggio di un PAC con Value Averaging è che il suo rendimento complessivo è generalmente più alto di quello di un Cost Averaging (e il prezzo medio di acquisto di ogni quota è minore), anche se questo come abbiamo visto non è vero in senso assoluto. Il rischio è inferiore rispetto ad un PAC con Cost Averaging.

Un altro importante beneficio del Value Averaging è il fattore psicologico: gli investitori temono da sempre le crisi finanziarie e sono sempre alla ricerca di stratagemmi per ammortizzarle il più possibile, ed anzi sfruttarle a proprio vantaggio; e la risposta la trovano quasi sempre nel market timing, in parole povere una strategia che consiste nel provare a prevedere i movimenti futuri dei mercati, acquistando e vendendo di conseguenza. Ma un market timing di successo diventa sempre più difficile da attuare su investimenti a lungo termine, per i quali è invece spesso più conveniente il Value Averaging, che però è una strategia molto diversa dal market timing, in quanto gli acquisti e le vendite:

  • Non sono l’espressione di previsioni dell'andamento del mercato;
  • Vengono effettuati a posteriori, in risposta agli effettivi andamenti dei prezzi del prodotto finanziario su cui si è deciso di investire.

Comprare quando i prezzi sono bassi e vendere (o non acquistare) quando i prezzi sono alti offre una certa tranquillità e limita lo stress generato da un’ipotetica crisi finanziaria.

CONSIDERAZIONI FINALI

Quale delle due strategie di investimento è la migliore?

Lo scopo di queste tecniche è ridurre il rischio dell’investimento e di tranquillizzare, dal punto di vista psicologico, gli investitori. Come già detto più volte, il Value Averaging è più efficiente rispetto ai classici PAC con Cost Averaging, ma è poco conosciuto e presenta anche molti svantaggi. È adatto quindi ad investitori esperti, con un alto livello di educazione finanziaria e con molto tempo a disposizione.

Per un’investitore inesperto o per chi si affaccia per la prima volta al mondo degli investimenti è meglio iniziare con un dollar cost averaging.

In orizzonti temporali di breve-medio periodo, per esempio sotto 5 anni, meglio il PAC tradizionale (Cost Averaging). Per sfruttare al massimo il VA è bene avere un orizzonte temporale di lungo periodo; nel breve periodo non ha senso preferirlo al cost averaging.

Una delle regole più importanti, quando si investe, è quella di capire il prodotto finanziario in cui si investe, ed anche il modo in cui lo si sta facendo, cioè la strategia che si sta andando ad adottare. Quindi scegliete VA o CA anche sulla base di questa considerazione.

Il VA va utilizzato in mercati volatili anche se non troppo: un investitore con una propensione al rischio molto bassa non ha senso che vada ad utilizzare un value averaging. Su prodotti poco volatili la differenza tra cost averaging e value averaging è davvero irrisoria.

Chi non è disciplinato e costante non dovrebbe mai e poi mai utilizzare il VA: infatti, chi non è disciplinato ed inizia un Value Averaging, va a finire sempre che lo interrompe o che lo trasforma in dollar cost averaging.

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