La classica domanda che molti di noi, in modo serio o ironico, prima o poi si sono posti: ma il termine auto, diminutivo di automobile, è di genere maschile o femminile?
Oggi, non v'è dubbio, il sostantivo automobile, ovvero "vettura a motore a quattro ruote", detta comunemente auto, è femminile. E lo è da parecchi anni, anche se, al suo apparire, oscillò di genere e, anzi, si propose più spesso al maschile che non al femminile. Creatura androgina, dunque, in origine, e, forse, non a torto. Vediamo perché...
Le origini della parola "automobile"
La parola "automobile" apparve la prima volta in Francia esattamente nel settembre del 1875, non come sostantivo come la conosciamo oggi, ma come aggettivo: voiture automobile, vettura automobile. Il termine "automobile" è composto da due parole, una greca e una latina: la prima parte prende spunto dal greco αυτος (autòs), "stesso, di sé, da sé", mentre la seconda dall'aggettivo latino mōbĭlis, "mobile, che si muove”. Ne viene così fuori una parola composta che in sostanza vuol dire “che si muove da sé”.
Automobile restò aggettivo per almeno quindici anni, fino al 1890, e da questo momento in avanti la "vettura automobile" fu detta brevemente, con forma sostantivata, automobile, dando vita ai primi interrogativi sul genere della parola.
La declinazione di genere della parola "automobile"
Tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, quindi, in pieno pionierismo motoristico, si cominciò a discutere sulla declinazione maschile o femminile del sostantivo "automobile", non solo in Francia, ma anche nelle altre nazioni.
Il Consiglio di Stato francese ricorse addirittura alla consulenza dei grandi dell’Accademia che, affascinati dalla potenza e dal fragore della nuova invenzione, decretarono che automobile doveva essere sostantivo maschile. D’altra opinione tuttavia furono i grammatici ed i linguisti, che più ragionevolmente sostennero che, essendo il termine automobile la sostantivazione di un aggettivo femminile (voiture), femminile doveva restare: une automobile. E così alla fine fu.
Lo stesso problema si presentò via via anche alle altre nazioni: la Spagna, per esempio, restò ferma al maschile (un automóvil, el automóvil).
La situazione in Italia
In Italia, dopo un inizio al maschile e anni molto combattuti, durante i quali scesero in campo personalità importanti della cultura italiana come il lessicografo Alfredo Panzini, l'intellettuale futurista Filippo Tommaso Marinetti e lo scrittore Gabriele D'Annunzio, alla fine prevalse il genere femminile.
Nelle immagini qui di seguito si può notare quanto appena detto, e cioè che inizialmente, la parola automobile, era declinata al maschile, sia a livello istituzionale sia a livello di stampa (nelle pubblicità e nei giornali/riviste).
[clicca sulle immagini per ingrandirle]
Alfredo Panzini nel suo Dizionario Moderno (edito nel 1905) scrisse sulla parola "automobile":
«in origine aggettivo poi sostantivo per indicare quella vettura da diporto, spavento dei viandanti, elegante, signorile, docile e rapidissima in gran voga in Francia e dovunque, la quale si muove da sé con meccanismi ingegnosi e diversi, ma che però attendono ancora il loro perfezionamento. Di qual genere è il sost. automobile? Se ne è disputato in Francia e quindi anche in Italia. Il genere maschile tende a prevalere».
Siamo quindi di fronte ad un parere che propende per il mashile.
Filippo Tommaso Marinetti nel suo Manifesto del Futurismo, pubblicato per la prima volta il 20 febbraio 1909 sul giornale parigino “Le Figaro”, scriveva:
Veemente dio d’una razza d’acciaio,
Automobile ebbrrra di spazio,
che scalpiti e frrremi d’angoscia
rodendo il morso con striduli denti...
Formidabile mostro giapponese,
dagli occhi di fucina,
nutrito di fiamma
e d’olî minerali,
avido d’orizzonti e di prede siderali...
io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,
scateno i tuoi giganteschi pneumatici,
per la danza che tu sai danzare
via per le bianche strade di tutto il mondo!...
Il Futurismo fu il primo movimento artistico che fece dell’automobile un soggetto e un simbolo, adatta a mutare l’ambiente e la percezione della realtà (grazie alla velocità). Ed anche in questo caso si parlava dell'automobile al maschile.
Ma, con il passare degli anni, l’automobile sia nella lingua scritta che parlata assunse sempre più spesso una declinazione femminile. Grande impuslo a questo cambiamento arrivò anche da Gabriele D’Annunzio che, nel 1920, in una lettera al Senatore Giovanni Agnelli, uno dei fondatori della Fiat nonché nonno del futuro “Avvocato” (Gianni Agnelli), espresse il suo favore per l’uso femminile del termine.
Nelle immagini sopra, le tre pagine della lettera che D'Annunzio inviò a Giovanni agnelli nel 1926
(copyright immagini: Ruoteclassiche by Quattroruote)
Gabriele D'Annunzio, infatti, nella sua lettera al Senatore Giovanni Agnelli, scriveva:
Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L'Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d'una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur.
Le sono riconoscentissimo di questo dono elegante e preciso. Ogni particolare è curato col più sicuro gusto, secondo la tradizione del vero artiere italiano.
Per consacrare l'accertamento del genere masc. o fem., ormai determinato dalla novissima macchina, Mastro Paragon Coppella, orafo del Vittoriale, osa offerire alla Sua figliuola e alla Sua nuora questi infallibili talismani.
Le stringo la mano.
Il Vittoriale, 18 febbraio 1926
Gabriele D’Annunzio
La data più importante è quindi il 1926: solo da quell’anno in Italia prevalse definitivamente per l’automobile il genere femminile. E tale rimane a tutt’oggi, anche se il paragone con la donna, soprattutto nei termini dannunziani, appare un pochino datato... In realtà spesso si preferisce il termine abbreviato auto, sempre femminile, oppure macchina.
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